Nonostante il numero degli iscritti delle associazioni datoriali di categoria siano in costante calo da decenni, numerose ricerche ed iniziative hanno riacceso l’attenzione sulla rappresentanza datoriale – la cui letteratura italiana in larga parte ha focalizzato l’analisi sulla contrattazione collettiva utilizzando come esempio paradigmatico prevalentemente il modello confindustriale – incentivando la ricerca sulle tendenze in atto nelle sue forme organizzative in termini di struttura, identità e funzioni.
Negli ultimi anni numerosi studi e ricerche di sociologia (Pedersini, 2010) e management (Feltrin e Zan, 2014) hanno enfatizzato una loro rinnovata importanza rispetto ai processi di sviluppo locale, risultando particolarmente influenti nella definizione dell’agenda urbana e delle politiche locali.
Tale rinnovata attenzione a queste istituzioni è riconducibile a diversi fattori. Da un lato, da diversi anni il sistema di rappresentanza degli interessi datoriali (anche) italiano è soggetto a rilevanti cambiamenti, innescati dalle profonde trasformazioni produttive, tecnologiche e organizzative e dei mercati, che hanno condizionato sia gli interessi delle imprese e la loro propensione ad aderire o meno alle associazioni di rappresentanza, sia hanno inciso sulle scelte organizzative e funzionali delle associazioni stesse. Dall’altro lato, rispetto ai compiti di carattere prettamente sindacale che ne hanno indotto la formazione all’inizio del secolo scorso, nel corso del tempo ha assunto crescente rilievo una funzione di erogazione alle proprie imprese associate di servizi ad elevato valore aggiunto sui temi più disparati ai quali la struttura aziendale deve essere in grado di dare una risposta: fisco, finanza, mercato del lavoro, ambiente, sicurezza, urbanistica, internazionalizzazione, formazione, ricerca e altre ancora. Questo progressivo ampliamento di funzioni ha naturalmente avuto importanti conseguenze dal punto di vista culturale, organizzativo e gestionale, imprimendo una spinta alla loro trasformazione in soggetti in grado di garantire la rappresentanza dei propri associati nei diversi contesti relazionali, ma anche di fornire loro un’ampia gamma di servizi di qualità almeno comparabile a quella di moderne società di servizi operanti sul mercato.
L’avvento della crisi pandemica Covid 19 ha contribuito in modo determinante alla riscoperta delle opportunità offerte dai corpi intermedi, i quali hanno saputo dare risposte certe in questo particolare periodo storico, recuperando gradualmente la loro funzione socio politica, nonché pratica di erogazione di servizi dedicati ai settori rappresentati, implementando la loro autorevolezza e legittimazione sociale.
La ricerca intende contribuire al dibattito in corso – proponendo un’analisi sull’evoluzione del ruolo esercitato dalle associazioni datoriali, con particolare riferimento alle associazioni imprenditoriali rappresentative dell’artigianato – provando a far avanzare la comprensione teorica ed empirica nell’ambito del contributo del comparto artigiano, rappresentato dalle associazioni di categoria di riferimento, nel contribuire a promuovere o frenare le prospettive di sviluppo economico, sociale e territoriale delle comunità interessate. Attraverso l’approfondimento di sei casi veneziani, l’elaborato si propone dunque di comprendere i meccanismi con cui l’azione collettiva determinata da organizzazioni di rappresentanza della micro e piccola impresa artigiana può influenzare le dinamiche socio-economiche locali, sia rispetto alla definizione della governance urbana che con riferimento ai processi di innovazione e transizione digitale delle imprese da esse rappresentate.
DATI BIBLIOGRAFICI
A cura di: Roberto Paladini
Editore: Ledizioni
Pubblicato in: ottobre 2024
Formato: PDF in OA
ISBN PDF: 9791256002719
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