Di Armando Torno
Ne I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij il primogenito di famiglia, Dmitrij o Mitja, cita il fisiologo francese Claude Bernard come simbolo della scienza atea e nichilista. Non è un riferimento casuale. Lo scienziato era morto nel 1878, un anno prima che il celebre romanzo cominciasse a uscire a puntate sul «Russkij vestnik», «Il messaggero russo». Il suo nome, tra l’altro, figura fra i fondatori della medicina sperimentale; inoltre, egli diventerà noto per aver praticato e sostenuto la vivisezione. Non manca chi vede nell’opera di Bernard la svolta che pone fine all’antico connubio tra filosofia e medicina.
Non possiamo riportare le numerose valutazioni, ma è certo che il medesimo Bernard nel suo libro Introduction à l’étude de la médecine expérimentale (Parigi 1865) si occupò di vivisezione ricorrendo all’autorità di Galeno, per nobilitarla dal punto di vista scientifico. Già, Galeno: vissuto nel II secolo della nostra era, la praticò sulle scimmie e sui maiali, vantava tra i suoi pazienti degli imperatori e lasciò un’opera dal titolo Il miglior medico è anche filosofo.
Scuserete il gioco dei rimandi, ma vengono alla mente aprendo il libro curato da Carmine Ampolo e Federica Cordano in cui sono raccolti saggi sulla medicina antica di uno dei nostri massimi antichisti, Giovanni Pugliese Carratelli (1911-2010). Non abbiamo lo spazio per elencare le opere cui attese, tuttavia oltre che storico e impareggiabile esperto di culture del mondo mediterraneo, fu maestro per le ricerche sulle tradizioni platoniche e pitagoriche, nonché in numerosi argomenti di medicina greca. Del resto, non è forse vero che il medico e lo storico, identificati in Ippocrate e Tucidide, rivelano una parentela nel metodo d’indagine?
E proprio a questi due sommi è dedicato un saggio di Pugliese Carratelli, apparso nel 1970, che pone in evidenza «il nesso più volte rilevato tra la dottrina tucididea e l’ippocratica»; in altra parte lo studioso si sofferma su Elea, la patria di Parmenide, che i romani chiameranno Velia (siamo nell’attuale provincia di Salerno). I medici qui si definivano “physikoi”, “fisici”, termine che indica sia il medico sia il filosofo della natura. Il loro richiamo a Parmenide, ritenuto appunto “fisico”, non è casuale: nella tradizione araba il pensatore rimeditato nel secolo scorso da Heidegger e Severino era considerato “medico”.
La raccolta dei saggi di Pugliese Carratelli illumina taluni aspetti storici oltre che filosofici. Per esempio, basta leggere un passo come il seguente per rendersene conto: «La fondazione della scuola medica crotoniate non risale necessariamente all’arrivo di Pitagora. È anzi probabile che proprio la rinomanza della scuola abbia indotto il filosofo samio a recarsi a Crotone, che era peraltro legata a Samo da costanti relazioni commerciali. Ma certamente il magistero pitagorico diede nuovo vigore alla scuola e ne accrebbe l’autorità e il prestigio».
Il libro è ricco e non manca di offrire sorprese. L’autore parla tra l’altro dei santuari, celebri per le guarigioni «che miracolosamente vi avvenivano, attribuite a un diretto intervento del dio mentre i pazienti erano immersi in sonno nell’ábaton (la parte non a tutti accessibile) del tempio».
Si può aggiungere che le relazioni di questi miracoli erano scritte su stele, quindi esposte. O avvicinarsi al mitico Asclepio; o cercare le ragioni dell’antica medicina tra scienza e magia. Dobbiamo però limitarci a cenni e ricordare che i curatori, oltre ad aver svolto un ottimo lavoro, hanno premesso ai saggi un’importante bibliografia degli scritti del maestro.