Narrare negli anni Zero: oltre il romanzo
Se c’è un elemento che accomuna gli scrittori degli anni Zero, questo va rinvenuto nel rifuggire dall’ambizione a “fare romanzo”; quella ambizione che il Calvino degli anni Sessanta riteneva essere «una trappola ritardatrice in cui cascarono anche i più avvertiti». Solo sfumandone i confini, il romanzo può trasformarsi in uno “spazio altro”, capace di opporsi al dominio del significante,
che, iuxta Lacan e Lévi-Strauss, è rivelativo di quella potente, forse magnifica, ma anche terribile allucinazione che la modernità ha forgiato e alimentato, cioè che il simbolico è esso stesso un’illusione senza fondamento. È quello che caratterizza la scrittura ‘eretica’ di Emanuele Tonon, capace di scandagliare quella “ferita” interiore per mezzo della quale «gli esseri comunicano tra di loro e si trovano restituiti alla bellezza della notte» (Bataille). O si pensi a Emanuele Trevi che, in Qualcosa di scritto, attraverso un confronto continuo con Petrolio, avvia un personale percorso iniziatico alla volta dell’indicibile del reale. E un’idea di letteratura come «descrizione composta
dell’ultima determinazione di una serie di eventi», per usare le parole del suo autore, Paolo Sortino, caratterizza Elizabeth. Dal canto suo, Piersandro Pallavicini, sul solco di Pier Vittorio Tondelli, offre nella sua “trilogia atomica” il ritratto di un mondo, quello occidentale, in piena dismissione. Giallista anomalo è Francesco Recami, romanziere “vero” che, nei suoi libri conditi amara ironia, offre una collezione di tipi umani e affronta temi come la solitudine, la vecchiaia, il lavoro, l’amore, le angosce contemporanee. Insomma, la vita.
Riflessioni a tempo determinato. Eleonora Voltolina spiega perché un’intera generazione di giovani – sottopagata, sottoimpiegata e senza tutele – non riesce a mantenersi e perché aumentano i contratti ‘di collaborazione autonoma’, che nascondono normale lavoro dipendente. Tuttavia qualcosa sembra muoversi. L’occupazione del Teatro Valle di Roma ha portato alla nascita di una Fondazione gestita secondo un principio di autogoverno. Si tratta di un prototipo riproducibile dai musei ai centri di ricerca, dalle scuole agli ospedali, come peraltro previsto dal sempre ignorato
articolo 43 della Costituzione, che prevede la realizzazione di modelli di gestione
partecipata e diretta da parte dei lavoratori.
Lavoro critico. Modi diversi di fare critica: in Massimo Onofri l’esercizio critico rappresenta
una autonoma prova d’immaginazione e di stile; David Lodge sostiene nel suo ultimo libro la tesi della complementarietà della letteratura nei processi sperimentati dalle scienze cognitive. Ma fondamentale resta ancora la lezione di Pier Paolo Pasolini, dove riflessione critica e opera letteraria interagiscono tra loro in un confronto che pone al centro dell’analisi la lingua, l’ideologia e lo stile.
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